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Mostri in camice bianco

Il caso di Leonardo Cazzaniga, il medico che si definiva 'angelo della morte'

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19 gennaio 2017

 

Jack Kevorkian, medico statunitense, fu soprannominato ‘dottor morte’ per le sue teorie sul suicidio assistito: una pratica che applicò ad almeno 130 pazienti terminali.

Il suo modo di agire turbò fortemente l’opinione

pubblica di tutto il mondo. Ma, ancora oggi, la

cronaca nera si arricchisce di episodi che ve-

dono come protagonisti, i suoi epigoni, sicché

 sembra tornare in auge quel famoso aforisma

del Goya: “Il sonno della ragione genera mostri”.

Leonardo Cazzaniga, medico anestesista quarantacinquenne, nonché vice primario dell’ospedale di Saronno (VA) e Laura Taroni, quarantenne, sua amante ed infermiera del medesimo nosocomio, sono stati indagati insieme ad altre dodici persone (tra cui il primario del pronto soccorso e due direttori sanitari) con l’accusa di omicidio. I due avrebbero attuato il cosiddetto ‘protocollo’, somministrando farmaci letali endovena a persone malate ed anziane. La Taroni avrebbe, inoltre, ucciso suo marito nel 2013, facendogli credere di essere diabetico e di conseguenza procurandogli un avvelenamento da farmaci, medicinali di cui non aveva bisogno.

A denunciare quanto stava accadendo è stata un’infermiera che, nonostante le numerose minacce ricevute, non è rimasta indifferente. Infatti, grazie alla sua testimonianza, ai riscontri dei medici ed alle varie intercettazioni (telefoniche ed ambientali), è stato possibile far venire alla luce i presunti cinque omicidi commessi. Laura Taroni avrebbe addirittura parlato degli omicidi davanti al figlio undicenne e, sostiene l’accusa, avrebbe affermato la sua disponibilità ad uccidere i suoi stessi figli pur di compiacere il ‘delirio di onnipotenza’ dell’amante. Durante l’interrogatorio, la donna si è avvalsa della facoltà di non rispondere, mentre Cazzaniga, giustificandosi, si è detto disponibile a chiarire quanto successo; entrambi sono stati arrestati dai carabinieri su ordine del gip di Busto Arsizio.

Purtroppo, al giorno d’oggi, la maggior parte delle persone decide di restare indifferente e di non denunciare situazioni di questo genere alle autorità perché intimorita da possibili ripercussioni personali. Fortunatamente, però, c’è ancora qualcuno che decide di non restare in silenzio, come l’infermiera di Saronno che, a differenza di tutti gli omertosi che erano a conoscenza delle crudeltà che venivano commesse, ha deciso di denunciare quanto stava accadendo.

Il coraggio dell’infermiera deve essere di esempio per tutte quelle persone che, pur essendo oneste, si lasciano intimorire e, nella maggior parte dei casi, propendono per la strada più agevole, quella del silenzio.

Del resto lo stesso Albert Einstein affermava: “Il mondo non è minacciato dalle persone che fanno il male, ma da quelle che lo tollerano!”

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Fare lezione in modo alternativo

Un' alternativa ai metodi di insegnamento tradizionali

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2 maggio 2017

 

La maggior parte degli studenti è annoiata dal tradizionale metodo d’insegnamento di molti professori e, per questo motivo, fare lezione in modo diverso può rivelarsi un’ottima soluzione per far sì che i ragazzi si appassionino e partecipino di più.

Negli ultimi anni le scuole hanno introdotto le LIM (lavagne interattive multimediali) con le quali è possibile accedere

ad internet per ulteriori approfondimenti ed

inoltre, si stanno attivando per sostituire com-

pletamente i libri cartacei con quelli digitali.

Sono state create anche nuove applicazioni e

classi virtuali, con le quali è possibile mettersi in contatto con i propri docenti e scambiare materiale scolastico.

E’ possibile, comunque, “fare scuola” in modo interessante anche senza l’uso della tecnologia, partecipando a nuove attività extracurriculari e non, come, ad esempio, apprendere la storia della città in cui si vive. Ed è a Santa Maria Capua Vetere che uno dei professori di storia e filosofia del liceo Classico Cneo Nevio, ha deciso di accompagnare i propri alunni a conoscere le origini dei principali monumenti di quella che è l’antica Capua. I ragazzi hanno avuto modo di percorrere il decumano e il cardine massimo della città, rispettivamente Corso Aldo Moro e Via Gallozzi, arrivando a visitare Piazza Duomo, dove si trova la Chiesa più importante; affianco a quest’ultima è situato l’ex tribunale, adesso sede della facoltà di giurisprudenza. Inoltre, hanno avuto l’opportunità di entrare nel museo archeologico ed apprezzare i vari reperti emersi durante gli scavi. Successivamente si sono recati al famoso Anfiteatro Campano, secondo solo al Colosseo di Roma, dove, pochi giorni prima, era presente Alberto Angela, paleontologo, giornalista e scrittore che prossimamente, nel corso della prima puntata di un nuovo ciclo di “Ulisse”, presenterà un servizio su Spartaco e l’altera Roma.

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Sport estremo, mix di adrenalina e paura

Ecco alcune discipline... da brividi

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18 maggio 2017

 

Ma vale la pena di rischiare la propria vita? “Lo sport va a cercare la paura per dominarla, la fatica per trionfarne, la difficoltà per vincerla”. E’ una frase meno nota di De Coubertain, ma che si addice perfettamente alla realtà d’oggi, caratterizzata sempre più dalla pratica di sport estremi, sia tra i giovani che tra gli adulti, ovvero tra tutti coloro i quali, pur di provare nuove esperienze, arrivano a mettere a rischio la propria vita.

Infatti, si definiscono sport estremi quelle attività in

cui l’atleta di turno mette a dura prova se stesso,

sfidando le leggi della fisica, pur di ottenere il

risultato prefissato. Alcune prove sportive sono,

però, così impegnative da comportare addirittura

il rischio di perdere la vita o di subire danni e

menomazioni fisiche. Gli sport estremi sono un concentrato di energia e di adrenalina. Il loro comune denominatore è il verbo ‘rischiare’: solo chi rischia e si mette alla prova, invaso dalla adrenalina che si irradia nel corpo, ha la possibilità di riuscire nell’impresa e quindi di sentirsi, un ‘superuomo’, rafforzando la propria autostima.

Altro requisito indispensabile è rappresentato da un adeguato allenamento fisico e mentale, in quanto in questi sport si gioca con la vita. E praticarli in assenza di una ottimale condizione fisica e psicologica potrebbe rivelarsi fatale. Tra gli sport estremi più conosciuti e che vengono maggiormente praticati nel mondo c’è il b.a.s.e. jumping (Buildings Antennas Span Earth), che consiste nel tuffarsi nel vuoto ancorandosi a un punto d’appoggio fisso come un ponte, un edificio o un rilievo naturale per poi planare a terra con l’ausilio di un paracadute o di una tuta alare. A praticare questo sport sono per lo più i giovani, che vengono seguiti da migliaia di fan sui social in tempo reale, proprio durante le loro avventure in aria. Sono tante, però, le imprese finite male: si contano all’incirca trecento morti in trentacinque anni, tra cui anche due giovanissimi italiani.

Altro sport è il base climping, praticato solo da pochi, in quanto considerato disciplina ‘folle’: ci si arrampica a mani nude su superfici molto alte per poi lanciarsi nel vuoto e atterrare utilizzando un piccolo paracadute. Molto spesso, però, le rocce cedono e non tutti hanno i riflessi così pronti da azionare in tempo il paracadute. Di forte attrattiva, specie in giovane età, anche grazie alla forte diffusione di video sui social, è anche il parkour, ovvero l’arte dello spostamento. Nasce in Francia e consiste nello spostarsi nel modo più veloce in uno spazio ristretto con numerosi ostacoli, anche ad altezze elevate, specie sui tetti di palazzi, compiendo volteggi, salti ed acrobazie. Infine, molto diffuse, anche tra persone non propriamente giovanissime, sono le sciate fuoripista sulla neve fresca, dette anche freeride, che hanno come scopo il puro divertimento.

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Street Food Festival a Santa Maria Capua Vetere

Lo street food festival è il grado di cultura alimentare di un paese e l’espressione di una civiltà gastronomica

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15 ottobre 2017

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Lo street food (o cibo di strada) è un mestiere antico, che consiste nella preparazioni di cibo artigianale. Esiste sin dall’antichità, quando in Grecia era consuetudine friggere e vendere il pesce, usanza trasmessa poi alla civiltà romana ed a tutto il resto del mondo.

Oggi l’usanza di vendere il cibo in strada spopola in Gran Bretagna, dove il pesce, avvolto nel giornale, viene comunemente chiamato “FISH AND CHIPS”.

Lo Street Food Festival è il grado di cultura alimentare di un paese e l’espressione di una civiltà gastronomica. Il “cibo di strada” viene venduto su veicoli allestiti su misura, passando da panini a cibi etnici. Lo street food è, infatti, mai come di questi tempi, tornato di moda grazie a manifestazioni, FOOD BLOGGER, programmi televisivi e mass media. Il termine si abbina benissimo al FINGER FOOD, cioè quel cibo che è possibile mangiare con le dita, appunto senza l’ausilio di posate. L’Italia è un po’ la patria di questa usanza, con pizza, pane, arancini, olive; ma anche nel resto del mondo non mancano consuetudini simili, gli hot dog ne sono un esempio pratico.

E’ ormai diventata anche un’abitudine di Santa Maria Capua Vetere in provincia di Caserta, che offre ai suoi abitanti tante specialità del luogo. In particolare, quest’anno, dal 23 al 27 giugno i cittadini hanno potuto  godere del nostro miglior cibo, con lo splendido sfondo del maestoso Anfiteatro campano, secondo solo al Colosseo di Roma. Questo evento potrebbe indurre molte persone non del posto a conoscere meglio Santa Maria ed i suoi monumenti, gustando anche dell’ottimo cibo.

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Migranti in cattedra

Nuove modalità di integrazione multietnica

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25 luglio 2017

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Grazie al progetto “Intercultura” ed in forza della normativa attuale di inserire all’interno dei licei il “Clil” (acronimo di Content Language Integrated Learning, ovvero lezioni di contenuti riguardanti varie discipline, in lingua straniera), è nata l’idea di consentire a professori “d’eccezione” di insegnare la lingua e la cultura africana ed intensificare la conoscenza dell’inglese e del francese all’interno delle scuole italiane.

Tsamir e Karamba, ad esempio, sono due rifugiati richiedenti asilo e perfettamente integrati che hanno intrapreso un percorso d’insegnamento presso i comuni padovani di Monselice e Conselve (PD), godendo entrambi di un esauriente e ben organizzato curriculum: il primo, proveniente dal Gambia, è laureato a pieni voti in matematica ed inglese presso l’università delle scienze sociali del proprio paese di origine; il secondo, invece, oltre ad una laurea ed un master in letteratura inglese e francese conseguiti nel Senegal, possiede un certificato A2 in italiano. Hanno ciascuno a disposizione cinquanta ore di insegnamento distribuite su entrambi gli istituti, affiancando i docenti di cattedra ed utilizzando prevalentemente un approccio musicale in quanto la cultura mandinka, una delle più importanti dell’africa subsahariana, si esprime soprattutto in maniera orale, tramite la musica.

Esempi del genere si stanno diffondendo in tutta Italia e sono un’occasione per i giovani e per gli adulti di avvicinarsi ad un nuovo mondo, poco noto, utilizzando la testimonianza diretta dei soggetti interessati; tale prassi mira principalmente all’integrazione attiva nel tessuto sociale italiano di persone migranti ed avviene in un ambito, quello scolastico, che rappresenta probabilmente il contesto più idoneo allo scambio civile e democratico del sapere ed alla positiva contaminazione di usi e costumi diversi.

Tale iniziativa trova, però, anche forti opposizioni in coloro che non ritengono del tutto qualificati tali insegnanti “particolari”, lamentando la mancata equipollenza di tali titoli di studio rispetto a quelli conseguiti in paesi considerati culturalmente all’avanguardia.

Apprendere, però, i contenuti delle diverse culture in maniera inusuale significa, comunque, aprire la mente all’altro e diventare un vero e proprio “cittadino del mondo”.

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