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Anche nel bullismo esiste la violenza di genere

Bulli e bulle ma sempre di violenza tra adolescenti si tratta

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Per bullismo si intendono i comportamenti di sopruso messi in atto da un persecutore nei confronti della vittima. Si parla non solo di bullismo fisico, ma anche di “cyberbullismo”, ovvero il bullismo psicologico attuato attraverso internet. Ci si sente violati intimamente dalle parole offensive e questo comporta come conseguenza anche atti autolesivi più gravi, come il suicidio.

Il bullo spesso è un bambino o un adolescente che si sente superiore e ha un forte senso di autoaffermazione ed egocentrismo. Spesso non agisce da solo, ma è accompagnato da un gruppo, poiché è sempre più facile attaccare una persona quando si ha l’appoggio di complici.

Il bullo, quasi sempre, è un individuo che ha alle spalle problemi familiari e psicologici, che si riflettono negli atti violenti compiuti ai danni dei più deboli. E’ anche fisicamente più prestante della vittima che, nella maggior parte dei casi, se non sempre, ha una conformazione più esile e debole.

Ragazzi e ragazze hanno spesso modalità diverse di attuare comportamenti di bullismo. Benché la visibilità maggiore, dati alla mano, sia quella del bullismo al maschile, non si può sottacere che anche le ragazze commettono atti di bullismo; la differenza consiste nell’utilizzare forme ed atti meno riconoscibili come tali, ma anche più subdoli, che vengono spesso presi meno in considerazione. Spesso la marginalizzazione e le violenze si giocano sull’asse del “vero uomo” o della “vera donna”. Ad essere maggiormente vessati/e sono coloro che non “rispecchiano” determinati stereotipi, dettati dall’omologazione di massa: i ragazzi percepiti come femminili, quelli di corporatura esile o con forme di disabilità, quelli che si dedicano ad attività non considerate maschili o che sono “secchioni”. Idem per le ragazze: quelle ad essere maggiormente oppresse sono le ragazze che oltrepassano i confini dell’essere “per bene”, ma anche quelle che vengono considerate delle “sfigate” perché non indossano abiti à la page, o poiché non hanno “successo” nel mondo maschile.

La colpa non deve essere attribuita solo al bullo, ma anche a coloro che si mostrano omertosi e, pur assistendo a questi atti, non agiscono in difesa della vittima; a volte, addirittura, favoriscono il bullo, per paura di ritorsioni o semplicemente per “salire sul carro del vincitore”.

La vittima, invece, è un soggetto che si mostra diverso dagli altri e non conforme alla massa e, proprio per questo, viene preso di mira. E’ spesso isolata, non ha amici a cui chiedere aiuto, né il coraggio di confidare i propri problemi ai familiari o agli insegnanti, che potrebbero aiutarlo. La maggior parte delle volte reagisce alle azioni del bullo piangendo e chiudendosi in se stesso. Inoltre, capita che la vittima non denunci questi atti di bullismo per la sua sfiducia nei confronti dei provvedimenti che verranno presi contro il bullo.

Negli ultimi tempi si registrano atti di bullismo perpetrati nei confronti dei disabili, ma anche ascrivibili a discriminazioni razziste ed omofobe, ovvero l’essere giudicati per via del proprio orientamento sessuale. Se il bullo dice: “sei sfigato” o “sei gay”, questo è un modo per affermare al suo gruppo dei pari e a se stesso che lui non lo è.

Un esempio emblematico è quello che lo scorso 7 novembre, ha visto come involontario protagonista uno studente quattordicenne del liceo Isacco Newton di Roma, il quale ha deciso di denunciare gli atti di bullismo di matrice omofobica subiti. Due anni prima, infatti, lo studente ha ricevuto numerose minacce ed offese e, addirittura, è stato bersagliato da un lancio di urina da parte dei bulli. I genitori del ragazzo, venuti a conoscenza dei fatti ed ascoltati i messaggi vocali, si sono rivolti alla dirigente scolastica, la quale non si è mostrata particolarmente interessata alla faccenda e non ha preso i dovuti provvedimenti. Ha risposto in modo molto vago ai genitori del “bullizzato”, anche in merito ad una eventuale convocazione dei genitori del bullo. Pertanto ha invitato gli esercenti la patria potestà dell’offeso ad avere pazienza e a rivolgersi allo sportello psicologico della scuola, senza però attuare nessun provvedimento esemplare e sanzionatorio. Dopo varie sedute con la psicologa, i genitori hanno informato la dirigente di un altro spiacevole accaduto: il furto della giacca del figlio mentre era fuori dalla classe. Anche in questo caso non sono stati presi provvedimenti.

“In merito al comportamento della preside denunciato dai genitori – ha dichiarato Fabrizio Marrazzo, responsabile Gay Help Line 800 713 713, e portavoce Gay Center – siamo ancora in attesa dell’esito della procura, ma lanciamo un appello alla Ministra Fedeli, affinché attui le azioni ispettive presso il Liceo Newton di Roma per verificare i fatti e per evitare che altri studenti debbano subire in silenzio.”

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